Dopo il lungo stop imposto alle manifestazioni culturali a causa dell’emergenza Coronavirus, da lunedì 25 maggio 2020 la galleria della Fondazione dei Monti Uniti di Foggia riapre i battenti con la mostra “Super pontem ange lorum”, personale dedicata a Matteo Manduzio organizzata per celebrare i cinquant’anni di attività artista del Maestro foggiano. Nonostante la Fondazione abbia mantenuto la sua operatività durante tutta la Fase 1, sostenendo gli sforzi che hanno dovuto affrontare gli operatori del territorio chiamati a contrastare l’emergenza Covid-19, fino ad oggi era stato possibile visitare la mostra solo virtualmente, attraverso i canali social dell’ente di via Arpi, vista la chiusura imposta dalla drammatica diffusione del contagio pandemico, occorsa subito dopo l’inaugurazione dello scorso 7 marzo.
Da lunedì 25 maggio, quindi, a partire dalle ore 10:00 sarà possibile accedere al percorso espositivo nel rispetto delle misure sanitarie e di sicurezza disposte dalle normative governative, che prevedono il distanziamento tra i singoli visitatori, entrate dilazionate (saranno ammessi sette visitatori per volta) e sanificazione degli spazi comuni fruibili da parte del pubblico, oltre all’adozione dei necessari dispositivi di protezione personale.
La chiusura è stata prorogata a sabato 20 giugno: la mostra, curata da Gaetano Cristino, sarà visitabile tutti i giorni, dal lunedì al sabato, dalle ore 10 alle 13 e dalle 17:30 alle 20 (domenica e festivi chiuso). Ingresso libero.
“Pochi artisti – ha detto il Presidente della Fondazione, prof. Aldo Ligustro – sono riusciti a coniugare le loro diverse passioni fino a farle diventare un tutt’uno. E tra questi c’è sicuramente Matteo Manduzio. Infatti, dopo venti anni di pratica pittorica attenta a rivisitare con originalità, le maggiori espressività linguistiche dell’arte contemporanea, verso la fine degli anni ’80, Manduzio si volge alla ricerca sui ‘materiali’, ma, diversamente dagli artisti dell’arte povera, non ‘impoverisce’ né riduce all’essenziale i segni presenti sui materiali, ma li esalta. Il pittore-bibliofilo si dedica infatti alla raccolta e all’assemblaggio soprattutto di materiale cartaceo, scarto di restauri di libri antichi, per realizzare opere che mantengono traccia delle mutazioni e degli elementi simbolici che il tempo e l’artista vi hanno impresso, in una coinvolgente sintesi visiva, sensoriale e concettuale. Già, perché sia la pittura che i ‘materiali’ di Manduzio colpiscono i sensi per portarci nei territori della riflessione e della spiritualità”.
A sua volta, il curatore, Gaetano Cristino, rimarca come il percorso artistico di Matteo Manduzio si sia svolto “nel quadro e fuori”, sempre con assoluta coerenza. “Questa mostra, articolata in due sezioni, ci fa conoscere l’intero percorso della sua arte, le linee principali, le deviazioni, i vari approcci culturali, la caratterizzazione progressiva della espressività che ha rivestito di forme il suo pensiero, e soprattutto i passaggi progressivi che gli hanno consentito di ‘uscire’ dal quadro. Quando Manduzio comincia a scomporre gli oggetti e le figure per arrivare all’essenza di ciò che è rappresentato, per arrivare addirittura alla forma simbolo, ecco che l’involucro esterno quasi sparisce, diventa aria in cui le forme liberamente possono muoversi e dalla tela possono passare allo spazio ambientale concretizzandosi in opere materiche, assorbendo il vissuto di carte antiche. Il ridar voce e funzione ai materiali avviene in Manduzio in maniera del tutto particolare. Le sue carte sono arricchite di cromatismi preziosi e di elementi iconici archetipici intessuti di cultura, e le sue installazioni spesso sono la realizzazione tridimensionale di elementi figurali, anche se anti-naturalistici, sagome in particolare, già affiorati nelle sue tele. Fuori dal ‘quadro’ Manduzio ha continuato ad essere pittore, non accontentandosi dell’evidenza in sé dell’oggetto (scarto, rifiuto, recupero) ma operando per la sua sublimazione…sempre densa di tracce culturali, antiche e moderne”.
La mostra è accompagnata da un catalogo, edito da Effebiemme, che comprende, oltre a un ricco apparato iconografico delle opere esposte, testi di Gaetano Cristino, Guido Pensato, Katia Ricci e Palma Manduzio.
Matteo Manduzio è nato a Foggia (1948), dove vive e lavora. Diplomatosi all’Istituto d’Arte, ha iniziato ad esporre dal 1969, con opere di analisi sociale ma con una forte carica surrealista, approdando successivamente a una figurazione che arriva all’astrazione geometrica.
Bibliofilo, dal 1987 si dedica all’assemblaggio di materiale cartaceo antico recuperato da scarti di restauri di legatoria. Ha anche coniugato il materiale antico con la creatività digitale. Ha fatto parte del Gruppo 83, del Laboratorio Artivisive e di Spazio 55. Ha allestito numerose personali ed ha partecipato ad oltre cento rassegne collettive, in Italia e all’estero. Sue opere si trovano in musei e collezioni pubbliche e private. Della sua opera, documentata in numerosi cataloghi e monografie, hanno scritto, tra gli altri, L. Cataldo, S. Ciccone, G. Cristino, E.C. Lipton, G. Pensato, G. Petruzzelli, F. Picca, F. Solmi, K. Ricci, R. Tinelli.